Oggi ti voglio raccontare #LeViaggioSventure del mio viaggio in Marocco dell’inverno passato. Se il titolo del post parla di spedizione non è un caso. In effetti in due settimane di viaggio di coppia abbiamo macinato più di 1.500km alla guida di una Dacia un po’ scassata, percorrendo strade che spesso non erano degne di essere chiamate tali.
E’ successo di tutto.. Ho l’imbarazzo della scelta 🙂
1. Mai fidarsi del NAVIGATORE !
Arrivo a Marrakech da Essaouira. Era già qualche giorno che eravamo in viaggio per il Marocco e iniziavo a prendere il ritmo.
Avevamo prenotato una stanza in un Riad nella Medina che sapevo essere piena di stradine impossibili da percorrere in auto.
Il nostro piano perfetto: seguiamo il navigatore fino ad arrivare in zona – senza addentrarci troppo nella Medina – parcheggiamo e proseguiamo a piedi.
Quello che è successo: seguiamo il navigatore fino ad arrivare in zona. Le strade – che inizialmente mi sembravano percorribili – a un certo punto non lo sono più e ci ritroviamo da qualche parte nella Medina in macchina senza possibilità di tornare indietro e/o di fare manovra. Possiamo solo continuare sperando di tornare presto su una strada principale. Nel frattempo siamo circondati da pedoni, asini, carretti, banconi e banchetti, motociclette (complimenti ai conducenti!!) e qualunque altro mezzo mobile scassato o trainato da animali ci si possa immaginare.
Procedo piano e declino gentilmente le offerte di tutti i passanti che picchiettando sul finestrino mi fanno cenno di seguirli (solitamente vogliono soldi) finché un uomo non si piazza davanti alla macchina impedendomi di continuare.
Inizia a farmi largo chiedendo alla gente di spostarsi.
Non ho altra scelta e la strada è una sola. Lo seguo.
In quel momento inizio a preoccuparmi, ma come detto: una sola via d’uscita dalla Medina. Non posso fare altro che seguirlo.
Poco dopo arriviamo nei pressi di un parcheggio.
Devi sapere che in Marocco ogni volta che c’è un parcheggio (di solito uno sterrato o una piazzetta) c’è un simpatico omino con una casacca catarifrangente che rimane nei paraggi giorno e notte a controllare le macchine.
Non ho ancora capito come facciano ad essere onnipresenti perché in tutti i parcheggi a qualunque ora del giorno c’era sempre la stessa persona (secondo me dormono nella guardiola).
Comunque….
Parcheggio e pago il ragazzo.
Tutto regolare.
Mi avvicino al signore per lasciare una “mancia” ma insiste per accompagnarci al Riad. Lui dice che è difficile da trovare in mezzo ai vicoli della Medina.
Lo seguo altri 50 metri, poi mi fermo e insisto di nuovo per lasciargli mancia.
Niente, mi fa cenno di continuare a seguirlo.
Cerco di ignorarlo andando verso quella che avrebbe dovuto essere la direzione del nostro Riad.
Me lo ritrovo di nuovo a fianco e non so più come mollarlo.
La via che mi indica è la stessa che avevo segnato sulla mappa per raggiungere il Riad, ci ritroviamo di nuovo a seguirlo.
Sapevo che avrei dovuto cercare di liberarmi di lui in qualche modo.
Tutto questo suo spontaneo “vi aiuto vi aiuto” in un francese sgangherato mi puzzava.
Eravamo in pieno centro però, nella zona della Medina abitata, e nonostante non ci fossero molti turisti c’era moltissima gente che andava e veniva, mercanti e motorini, la zona mi pareva okay.
…
…
Girato l’angolo insisto di nuovo per lasciargli una mancia dicendo che preferiamo proseguire da soli e gli do 40 Dirham – l’equivalente di 4€.
Mi guarda schifato dicendo che di 40 Dirham non se ne fa niente, ne vuole 300.
In quel momento appaiono 4-5 ragazzi dalle porticine a lato del vicolo.
Mi guardo attorno.
Non c’è nessun’altro.
Il tipo inizia a dirmi “J’ai travaille, is gud prais“. Una specie di esperanto tra francese e inglese.
I ragazzi attorno recitano in coro “is gud prais mai friend, is gud prais”.
Simone e che hai fatto?!
Poco da fare in queste situazioni, soprattutto se hai con te la tua ragazza.
Paghi.
E’ già buona che ce la siamo cavata con 300 Dirham (25€), ma come recita l’onnipresente Lonely Planet – 900 Dirham è lo stipendio mensile medio in Marocco. Quindi 300 non sono pochi soldi per loro.
Per fortuna dentro di me ero psicologicamente pronto al fatto che sarebbe finita con qualche … fregatura.
Errore mio aver continuato per la strada che andava al Riad seguendo di fatto quest’uomo.
Errore più grande non essermi fidato a priori del mio istinto che mi diceva di non seguire affatto il dannato NAVIGATORE per raggiungere il Riad.
In tanti anni di viaggi anche in solitaria con gli occhi sempre ben aperti non mi era mai capitato niente di simile.
Ma è anche questa la vita del traveller.
Ora però ti risollevo il morale con una delle più belle esperienze che abbiamo vissuto in Marocco – solo qualche giorno più tardi 🙂
2. La Luna del Fuego
Stavamo attraversando la valle dello Ziz.
Vallata di indescrivibile bellezza dispersa in mezzo al nulla e non lontana dal confine con l’Algeria.
Ore di macchina incrociando solo qualche villaggio sparso qua e là.
Erano circa le 2 del pomeriggio.
La fame chiamava.
Decisione: ci fermiamo al primo posto a caso che troviamo.
Ottimo.
Sulla strada principale (se così possiamo chiamarla) vediamo il cartello “Gite d’Etape – Luna del Fuego – Café & Restaurant”.
Perfetto.
Usciamo dalla strada seguendo il cartello, il quale ci porta ad un altro cartello, il quale ci fa proseguire fino ad una scritta sulla roccia la quale rimanda ad alcune frecce su dei pali che a loro volta indicano una scritta su una casa….. che alla fine ci conduce al ristorante.
Ci troviamo in quello che – avrei scoperto di lì a poco chiaccherando col ristoratore – era un villaggio abitato da 36 anime senza un nome, disperso a metà strada tra Rich ed Errachida, appena 6km prima di un tunnel nella montagna (meno di 20m di scavo ma molto pubblicizzato come grande traguardo dell’ingegneria civile locale).
Torniamo però a noi..
Arriviamo – non incrociamo alcuna delle 36 anime.
Parcheggiamo.
Abituati al “vieni vieni vieni, compra compra mangia” delle città ci stupiamo nel non vedere nessuno accoglierci.
Entro nel ristorante, mi viene in contro un uomo sulla quarantina.
Lo approccio col mio francese pessimo.
Pour manger? (Per mangiare?)
Il tipo mi guarda sorpreso.
Avrà pensato: davvero questi due hanno visto il mio cartello sulla strada e sono arrivati fin qui? E mo’ che gli faccio da magnà?!
Qu’est-ce que tu veux? (Che vuoi?)
Risposta molto diplomatica del sottoscritto:
Qu’est-ce que tu as? (Che hai?)
Ci viene offerta una omelette o una tajine – che di per sé non vuol dire nulla, è solo il nome del piatto tradizionale che utilizzano per cucinare.
Esistono infatti tajine al pollo, con la carne, le prugne, vegetariane etc..
Optiamo per la tajine, non sapendo bene cosa aspettarci e aspettiamo seduti in terrazza godendoci la bella giornata di sole.
Dopo circa 15 minuti di silenzio, da un boschetto di palme compare un vecchio signore che sorridendo entra nel ristorante.
Riemerge dopo poco offrendoci del tè, immancabile bevanda locale.
Al tè segue l’omelette (che non avevamo chiesto, ma di certo non ci tiriamo indietro) e la tajine al pollo.
Tutto OTTIMO.
Finito di mangiare entro per pagare, ed il nostro simpatico oste mi chiede se voglio fare un tour del bed&breakfast che sta allestendo.
Accetto volentieri.
Mi racconta che stava COSTRUENDO il B&B.
Lui stesso, di persona.
Mattone su mattone, aveva iniziato 5 mesi prima ed ora era quasi pronto.
Mi parlava emozionato e molto felice in un francese che capivo a tratti.
Sorridevo anche io e annuivo (vecchia tecnica sviluppata durante i miei primi anni in Germania quando non capivo una parola di tedesco).
Mi dice che vuole mostrarci qualcosa di traditionelle.
Sembra interessante.
Lo seguiamo.
Quattro mura e nessun tetto, una porticina verde dove per entrare bisogna piegarsi.
Entriamo.
Torniamo immediatamente indietro di qualche secolo.
Un uomo e un giovanotto stavano producendo l’olio con il metodo tradizionale.
Grosso mucchi di olive, una macina ed un asino che la faceva girare per produrre una pasta che poi l’uomo si curava di filtrare attraverso un rudimentale meccanismo di pietra e legno da cui usciva l’olio.
Gentilissimi ci invitano ad assaggiare l’olio su una fetta di pane.
Buonissimo.
Rimaniamo a chiacchierare (nel limite del possibile, capendoci poco gli uni con gli altri) e poi torniamo al ristorante.
Quanto ti devo per il pranzo?
Sai che ci ha risposto?
A partire de zero dirham!
Ha lasciato scegliere a noi.
Decidiamo e paghiamo.
Il nostro amico si è emozionato perché gli abbiamo dato troppo e scuotendo il capo non voleva accettare i soldi.
Salutando ce ne siamo andati.. ma non prima di fare una foto insieme pour la publicité, come ha sottolineato lui stesso!

3. Un romantico capodanno a lume di candela
Beh.. dirai tu.. Che disavventura è un capodanno a lume di candela?
Ne riparliamo tra poche righe.
Sono circa le ore 20 della sera dell’ultimo dell’anno e noi siamo appena rientrati al nostro Riad per riposarci un po’ prima di uscire a cena.
Iniziamo a cambiarci quand’ecco che… Salta la luce!
Ottimo penso io, proprio ora.
Apro la porta dell’appartamento – almeno entra luce dal corridoio.
Eh no.
Anche lì niente.
L’intero Riad è al buio.
Non bene.
Specifico che il Riad – nel cuore della Medina – aveva 6 camere ma eravamo gli unici ospiti. Il proprietario era un signore inglese – che viveva a Londra – e la gestione era affidata ad Abdul, giovane e simpatico ragazzo marocchino di non più di vent’anni.
Che famo?
Chiamiamo Abdul.
Non risponde.
Che famo?
Luce con il cellulare, classico rimedio temporaneo! Nel frattempo provo a richiamare Abdul.
Risponde!
Gli racconto che è saltata la corrente in tutto lo stabile.
Ride.
Ride?!
Mi racconta che stava comprando un paio di birre con degli amici e anche lì è saltata la corrente.
E’ saltata in tutto il quartiere.
Ottimo!
Che famo?
Salgo sulla terrazza all’ultimo piano del Riad per controllare quanto sia estesa la zona senza elettricità.
Una macchia nera che arriva quasi fino alla piazza principale dove si trova il Souk (mercato tradizionale berbero).
Decidiamo di aspettare un po’ nel cortile interno del Riad, per non dover attraversare le viuzze al buio.
Nel frattempo era passata quasi mezz’ora senza corrente elettrica.
Ma ecco che…
Arriva il nostro salvatore: Abdul!
Gentilissimo ci aveva comprato un paio di Bougie (candele) e due birre.
Ed ecco come abbiamo passato un romantico capodanno a lume di candela (con Abdul e i suoi amici).
Per fortuna dopo poco sarebbe tornata l’elettricità e saremmo usciti a cenare.
Tutto è bene quel che finisce bene, e ci siamo presi anche un simpatico feedback dal proprietario! 🙂
Per il momento è tutto! Ci sarebbero ancora un paio di disavventure (neanche da poco!) ma me le riservo per il prossimo post 🙂
Ciao Silvia!
In quelle occasioni come dici anche tu c’è poco da fare in effetti, e non mi era mai capitato prima. A la luna del fuego invece ero quasi tentato di restare per dargli una mano con il b&b, troppo gentile!
Prima o poi arriveranno anche le altre disavventure ahah 😀
Un saluto!
Simone